La fotografia ad alta velocità è un genere di fotografia che tende ad immortalare attimi non visibili ad occhio nudo. Gli esempi più classici di foto ad alta velocità sono gli oggetti perforati o tagliati in due da proiettili, oppure le gocce che cadono. Personalmente sono, da sempre, affascinato da queste ultime. Le pressoché infinite dinamiche che si presentano rendono ogni sessione un evento unico ed entusiasmante. Chi non ha almeno una volta provato a fotografare una goccia in caduta? Normalmente si fa qualche scatto per provare e poi finisce li. Se, invece ci si appassiona allora viene il brutto! Ci si trova a scattare migliaia e migliaia di foto cestinandone il 99%. Se poi la passione diventa un misto di passione ed ossessione allora si va oltre, cercando di capire i meccanismi che regolano questo affascinante micromondo.
Elemento base di questo tipo di fotografia è l’acqua. Ogni essere vivente ha un rapporto indissolubilmente legato all’acqua, l’uomo in particolare aggiunge una componente psicologica al proprio rapporto con essa. Essa è, da sempre, riconosciuta come un elemento vitale ed indispensabile. L’acqua, nonostante sia composta semplicemente da 3 atomi, 2 di ossigeno ed uno di idrogeno, presenta una serie di proprietà che le permettono di essere uno degli elementi necessari alla vita per come la conosciamo. Una delle proprietà più interessanti e curiose, nonché una delle più importanti nelle foto di gocce, è la tensione superficiale. La tensione superficiale è generata dalle forze di coesione delle molecole di un liquido; l’acqua è il fluido con il maggior valore di tensione superficiale escludendo il mercurio, essendo questo un metallo liquido a temperatura ambiente. Le forze di coesione tendono ad attrarre le molecole superficiali verso il centro. In assenza di forze esterne le molecole tendono a disporsi nella configurazione a minor superficie che è rappresentata dalla forma sferica. Una goccia d’acqua in caduta libera tende, per questo motivo, ad assumere una forma sferica; un’esperienza legata alla tensione superficiale che molti di noi avranno sicuramente notato, si poteva sperimentare a seguito della rottura di un termometro a mercurio, infatti osservando le goccioline fuoriuscite ci saremmo accorti di come, grazie alla elevatissima tensione superficiale, esse fossero perfettamente sferiche. La tensione superficiale nell’acqua è circa cinque volte più potente della forza di gravità, questa caratteristica è alla base della capillarità che permette anche agli alberi più alti di poter far giungere l’acqua dalle radici alla cima. La tensione superficiale è legata anche alla temperatura del liquido, ad esempio l’acqua presenta i seguenti valori di tensione superficiale al variare della temperatura:
0°C 0,00756 N/m
20°C 0,00726 N/m
50°C 0,00679 N/m
100°C 0,00589 N/m.
Un importante variabile nel controllo della tensione superficiale è rappresentata dai tensioattivi, sostanze in grado di abbassare in maniera importante il valore della tensione superficiale dell’acqua. Trovano applicazione ad esempio nel settore dei detergenti, inchiostri ed emulsionanti.
L’enorme numero di variabili che entra in gioco impedisce di affrontare il problema in maniera più razionale, per poter studiare effetti più interessanti a tavolino. Ci si deve affidare alla propria esperienza, al proprio istinto e ad una buona dose di creatività.
La preparazione del set di sfondi e flash deve tenere anche conto oltre che della fluidodinamica anche dell’ottica. Abbiamo a che fare con un liquido trasparente o riflettente o con entrambe le qualità contemporaneamente e dobbiamo cercare di tenerlo sotto controllo. In questo caso dobbiamo pianificare a grandi linee cosa vogliamo fotografare e quale risultato vogliamo ottenere. Ciò dipende a grandi linee nel prevedere:[/lang_it]
- posizione della macchina rispetto al fenomeno che vogliamo fotografare (ad esempio macchina più alta che punta verso il basso, parallela alla superficie di impatto);
- posizione dei flash rispetto alla macchina e al fenomeno;
- trasparenza o opacità del liquido che vogliamo fotografare;
- diffusione della luce del flash.
Una goccia che cade in un contenitore pieno di acqua presenta approssimativamente il seguente iter:
1) la goccia arriva in velocità verso la superficie;
2) inizio dell’impatto, l’energia cinetica fa schizzare via delle micro gocce ad elevatissima velocità;
3) la goccia continua la propria discesa verso il basso frenata dalla massa d’acqua, si innalzano le pareti della corona;
4) l’impatto crea un vero e proprio pozzo, le pareti della corona collassano sotto il richiamo della tensione superficiale;
5) la spinta di Archimede inizia a spingere verso l’alto “l’intruso”;
6) la massa d’acqua viene sospinta verso l’alto a formare una colonna;
7) la cima della colonna si divide in una o più sfere prodotte dalla tensione superficiale, contemporaneamente la gravità sta richiamando tutti all’ordine verso il basso;
8) la gravità ha ormai ragione di tutte le altre energie in gioco e fa cadere tutto verso la superficie; il fenomeno è quasi alla fine;
9) la superficie tende a ripristinare lo stato di quiete iniziale: lo spettacolo è terminato.
La tensione superficiale alla quale ho accennato, se variata, influenza enormemente la sequenza; infatti aggiungendo un po’ di tensioattivo nell’acqua si avranno colonne molto più alte e filiformi nei punti 6 e 7 e minori distacchi di sfere.
Di questa sequenza, che in tutto dura circa 50 ms, molti di voi avranno già riconosciuto delle somiglianze con i propri esperimenti nel lavandino della cucina o della vasca da bagno. Pur nella sua semplicità si presta molto a giochi di inquadratura, illuminazione e sfondo, permettendo di arrivare a risultati più che soddisfacenti in poco tempo.
Immaginiamo, a questo punto, di far cadere una seconda goccia d’acqua dopo qualche decina di millisecondi dalla prima e farla scontrare, tra i punti 6 e 9, con ciò che è diventata la sequenza in evoluzione. Da questo punto in poi, data l’impossibilità di poter tenere sotto controllo e gestire le innumerevoli variabili che entrano in gioco, ci si deve affidare alla propria sensibilità, alla propria tecnica, alla propria creatività e ad una buona dose di caso, il quale nelle serate no vi farà sudare ore per tirare fuori due scatti decenti, altre volte invece tutto riuscirà come per magia al primo colpo!
Come si scattano queste foto? In diversi modi, più o meno sofisticati e più o meno deterministici e precisi. Una fotocamera con uno scatto remoto è il minimo per poter affrontare una sfida del genere. Si deve essere dotati di una grande quantità di pazienza e ottimi riflessi.
L’elettronica è un valido supporto e non influenza la parte creativa come magari qualcuno potrebbe pensare ed obiettare. Il primo passo per semplificare un po’ il lavoro e renderlo vagamente deterministico è di costruire un fotosensore ritardato, il quale al passaggio della prima goccia attende un tempo predeterminato e poi fa scattare il flash esterno. Esistono in vendita kit da diverse centinaia di euro già pronti e molto sofisticati, gestiti da microcontrollori che permettono una assoluta precisione nella temporizzazione dell’evento. Il mio set attuale è costituito da un semplice circuito autocostruito di pubblico dominio che è possibile trovare qui (http://www.hiviz.com). Si tratta, in sintesi, di un sensore ad infrarossi che viene interrotto dal passaggio di una goccia e fa scattare due flash Vivitar 283 impostati per scattare con un lampo di circa 1/30.000s. Il tutto comandato da semplici e poco precise manopoline alle quali mi sono abituato e che riesco, con grossi limiti, a gestire. Il set si trova in forte penombra, data la mia necessità di scattare in modalità open flash, non potendo il circuito sopra descritto comandare anche lo scatto della macchina. La mia sequenza tipo consiste nel mettere la macchina in posa B con un radiocomando, far cadere delle gocce tramite una siringa e dopo il lampo dei flash terminare l’esposizione.
Passando alle ottiche, il consiglio è di usare un obiettivo macro possibilmente dai 90mm in su, altrimenti si rischia di essere troppo vicini agli impatti e di imbrattare la lente frontale. Uno o due flash esterni sono da preferire per poter gestire nel modo più creativo l’illuminazione; il loro lampo deve essere emesso all’unisono, deve essere il più rapido possibile e della stessa durata. Se i lampi non fossero emessi contemporaneamente si avrebbe una doppia esposizione; la durata deve essere la più breve possibile altrimenti alcuni dettagli potrebbero risultare micromossi o non perfettamente nitidi, in alcuni casi 1/20.000 non è sufficiente per congelare tutto il movimento, in particolare le micro gocce che vengono scagliate lontano dagli impatti; per finire se i flash non fossero impostati ad emettere lampi della stessa durata avremmo in pratica una doppia esposizione data dalla sovrapposizione di due lampi come nel dettaglio seguente dove è possibile notare l’effetto lungo la corona.
Per modificare il comportamento dell’acqua la vostra creatività avrà l’imbarazzo della scelta: detergenti, sale, latte, aceto, glicerina, coloranti alimentari e qualsiasi altra cosa solubile in acqua possa passarvi per la mente.
In questi anni di sperimentazione ho imparato che il mio più grande problema non è gestire gli impatti quanto il set comprensivo di sfondi, diffusori ed illuminazione.
Un ultimo appunto: la sequenza che abbiamo esaminato all’inizio è vera solamente se l’impatto avviene contro uno strato di acqua abbastanza profonda, in caso contrario si hanno fenomeni differenti per durata e morfologia che lascio alla vostra curiosità!